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News | 9/12/2025

Carbon footprint e Utilities: come misurare e comunicare l’impatto reale di rete e servizi

Negli ultimi anni la misurazione della carbon footprint è passata da elemento “nice to have” a requisito strategico per le Utilities. La pressione normativa, le aspettative degli investitori e la crescente sensibilità dei clienti hanno spinto gli operatori a rendicontare in modo sempre più accurato le emissioni, andando oltre l’impronta diretta per includere l’intero ciclo di vita delle infrastrutture e dei servizi erogati. Ma come si misura davvero l’impatto climatico di una utility? E quali sono le leve per comunicarlo in modo efficace e credibile?

Perché la carbon footprint è centrale per le Utilities

Le Utilities operano su reti complesse, caratterizzate da asset energivori, grandi volumi di dati e processi a forte rilevanza ambientale. L’impatto non riguarda solo la produzione o distribuzione, ma anche le perdite di rete (tecniche e non tecniche), l’efficienza dei sistemi di pompaggio, compressione e trattamento, le emissioni indirette da acquisti energetici, la filiera dei fornitori e degli appalti e il comportamento dei clienti finali.

Misurare e rendicontare correttamente l’impronta carbonica diventa quindi essenziale per:

  1. Gestire i rischi fisici e di transizione (ESG, tassonomia UE, ARERA);
  2. Pianificare investimenti mirati a riduzione perdite, digitalizzazione e resilienza;
  3. Migliorare la credibilità sul mercato (investitori, certificazioni, rating);
  4. Coinvolgere utenti e stakeholder in scelte più sostenibili.

Come misurare l’impatto reale: metodologie e standard

La misurazione della carbon footprint si basa oggi su framework consolidati che garantiscono comparabilità e trasparenza.

1. GHG Protocol – Scope 1, 2 e 3

È lo standard globale per il calcolo delle emissioni. Nel caso delle Utilities:

  • Scope 1: emissioni dirette da impianti, flotte, generatori, perdite di gas (metano);
  • Scope 2: energia acquistata per sistemi di pompaggio, trattamento e telecontrollo;
  • Scope 3: materiali per costruzione e manutenzione rete, smaltimento, appalti, catena fornitori, uso del servizio da parte dei clienti.

Per molte Utilities, lo Scope 3 rappresenta oltre il 70–90% dell’impatto totale: non considerarlo significa sottostimare drasticamente la footprint.

2. Life Cycle Assessment (LCA)

La metodologia LCA consente di analizzare l’impatto ambientale lungo l’intero ciclo di vita dell’infrastruttura, incluse fasi di progettazione e costruzione della rete, consumo di materiali (acciaio, PVC, rame, resine), trasporti e logistica, manutenzione ordinaria e straordinaria, dismissione e riciclo componenti.

Per i gestori di reti gas e idriche, l’LCA è sempre più utilizzato per valutare quali investimenti portino il maggior beneficio in termini di riduzione emissioni.

3. EU Taxonomy & CSRD

La nuova normativa europea richiede alle imprese di rendicontare non solo la quantità di emissioni, ma anche:

  • allineamento degli investimenti ai criteri di sostenibilità;
  • piani di decarbonizzazione e risultati annuali;
  • rischio fisico e rischio di transizione.

Le Utilities si trovano quindi a integrare la misurazione della carbon footprint nei sistemi di reporting finanziario e strategico.

Le tecnologie che abilitano una misurazione più accurata

Negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica ha permesso un salto di qualità nel monitoraggio dell’impatto ambientale. Prima di tutto, grazie a smart metering e smart grid che consentono di raccogliere un maggior numero di dati granulari di consumo e di rete che, a loro volta, consentono di identificare perdite e inefficienze in tempo reale, calcolare in modo più accurato le emissioni indirette, supportare modelli di tariffazione dinamica che premiano i consumi virtuosi, abilitare programmi di demand-response. La digitalizzazione diventa non solo strumento operativo, ma asset strategico per la sostenibilità. Inoltre, sensori distribuiti su reti elettriche, idriche e gas permettono di rilevare perdite di metano, consumi anomali, temperature e pressioni critiche e inefficienze energetiche di pompaggio e compressione. Questi dati migliorano l’accuratezza degli inventari di gas serra e permettono interventi predittivi.

A ciò si aggiunge il valore dell’Intelligenza Artificiale, che facilita stime accurate delle emissioni Scope 3, modelli predittivi per impianti e reti, simulazioni LCA automatizzate, segmentazione dei clienti in base al potenziale di riduzione emissioni. In prospettiva, l’AI generativa potrà anche automatizzare la rendicontazione ESG e la creazione dei bilanci di sostenibilità.

La misurazione e la comunicazione della carbon footprint non rappresentano più un esercizio di compliance, ma una leva competitiva strategica per le Utilities. L’integrazione tra smart metering, IoT, AI e standard di rendicontazione avanzati permette oggi una visione più completa dell’impatto reale della rete, abilitando investimenti più intelligenti e un dialogo trasparente con clienti e stakeholder.

Le Utilities che sapranno unire rigore tecnico, digitalizzazione e comunicazione efficace saranno quelle maggiormente in grado di guidare la transizione verso un modello energetico e ambientale più sostenibile.

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